Alda Merini


In questa poesia di Alda Merini (1931-2009) la dichiarazione per la propria propensione di certe osterie diventa una sorta di manifesto poetico. Il vino è il pretesto per esaltare un’umanità marginale, semplice, che preferisce l’eccesso dell’ebbrezza, che vuole superare le difficoltà dell’esistenza. Il vino fa brillare il pensiero. Il vino fa cantare. Il vino è anche amore.

A me piacciono gli anfratti bui

delle osterie dormienti,

dove la gente culmina nell’eccesso del canto,

a me piacciono le cose bestemmiate e leggere,

e i calici di vino profondi,

dove la mente esulta,

livello di magico pensiero.

Troppo sciocco è piangere sopra un amore perduto

malvissuto e scostante,

meglio l’acre vapore del vino

indenne,

meglio l’ubriacatura del genio,

meglio sì meglio

l’indagine sorda delle scorrevolezze di vite;

io amo le osterie

che parlano il linguaggio sottile

della lingua di Bacco,

e poi nelle osterie

ci sta il nome di Charles

scritto a caratteri d’oro.

(A. MERINI, Vuoto d’amore, Torino, Einaudi, 1991)

di Giovanni Casalegno

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