Emily Dickinson

Nella vastissima produzione poetica di Emily Dickinson (1830-1886) è possibile trovare tracce sul tema del vino.

In questa poesia, pubblicata in origine con il titolo di May wine, e qui proposta nella duplice traduzione rispettivamente di Silvio Raffo e Mario Luzi, il vino diventa metaforico: il bere coincide con l’ispirazione del poeta che, come un bambino, si immerge nella natura per nutrirsi dei suoi colori e dei suoi profumi e trasformarli in parole.

Il poeta è paragonato (come di frequente nell’opera della Dickinson) a due insetti, l’ape e la farfalla, che bevono dai fiori il nettare vitale, ma questi sono limitati dal ciclo delle stagioni.

Invece la poetessa-bambina si ubriaca perennemente con le delizie della natura per raggiungere un’ebbrezza, appunto quella poetica, che la trasporta nel suo personale paradiso.

Da calici scavati nella perla

Da calici scavati nella perla

assaporo un liquore mai gustato –

tutti i tini del Reno non distillano

un alcool come questo!

Ebbra d’aria –

ubriaca di rugiada –

vaneggio da taverne di blu fuso

lungo giorni d’estate senza fine.

L’ape ubriaca cacceranno gli osti

via dalla porta della digitale –

le farfalle dovranno rinunciare

ai loro sorsi – ed io berrò di più.

E i candidi cappelli i serafini

sventoleranno – e i santi alle finestre

correranno a vedere la bambina

ubriaca riversa contro il sole.

Delibo – da tazze

incavate nella perla – una

mai distillata essenza.

Neppure Francoforte con tutte le sue bacche

ne elargì una somigliante.

Ubriaca d’aria

e sbronza di rugiada

vortico per interminati giorni estivi

da taverne di turchino fuso.

Quando avranno gli anfitrioni

cacciato dalla digitale l’ape

brilla, e quando rinuncerà la farfalla alle sorsate

io berrò ancora, tracannerò.

Finché agiteranno i Serafini i bianchi copricapo

e accorreranno alla finestra i Santi

per vedere la piccola beona

venuta qui da Manzanilla.

(E. DICKINSON, Tutte le poesie, a cura di M. Bulgheroni, Milano, Mondadori, 1997)

di Giovanni Casalegno

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