Come cucinare con le ortiche

Il mio primo incontro con le ortiche a tavola avvenne in una cascina nelle Langhe, a nove anni. Complice l’atmosfera suggestiva del luogo e del momento, ebbi la sensazione che quella minestra verde e fumante racchiudesse qualcosa di magico. Fu un vero colpo di fulmine.

L’ortica (ortica su Wikipedia) vanta una storia culinaria di tutto rispetto. Dati il suo buon sapore, le proprietà benefiche e la massiccia diffusione, è entrata nella dieta di molte popolazioni in tempi assolutamente remoti. Ancora al tempo dei romani, le ortiche venivano appositamente coltivate negli orti – anche se di lì a poco, l’arrivo degli orientali spinaci le avrebbe relegate al ruolo (almeno ufficialmente) di piante infestanti.

L’importanza dell’ortica dal punto di vista medicinale, nella cultura popolare, è sempre stata pari a quella alimentare. Hildegard von Bingen (la grande mistica, esperta di medicina e botanica, vissuta nel XII secolo) annovera l’ortica tra le piante alimentari dal potere curativo (“se la si coglie quando è appena germogliata e la si cuoce, è utile nell’alimentazione perché purifica lo stomaco e ne rimuove il muco”). Purtroppo, non sempre questo fattore ha giovato alla sua fama, perché nei secoli più bui la medicina popolare è stata spesso associata alle pratiche magiche (“streghe” e “stregoni” altro non erano che esperti di medicina naturale, e oggi sarebbero considerati degli innocui erboristi e fitoterapeuti).

La considerazione nei confronti dell’ortica è sempre stata, diciamo così, ambivalente.

Tante sono le sue qualità (oltre che in cucina ed in medicina, si utilizza in agricoltura come fertilizzante naturale, e per secoli è stata impiegata come fibra tessile), quanti sono i detti popolari in cui viene tirata in ballo con un’accezione negativa (pigrizia, cattiveria).

Così di usa dire:

A chi che no ‘l vol far fadighe, la tera la ghe produse ortighe – versione veneta del detto popolare, diffuso in tutta Italia, a chi non vuol far fatiche, il terreno produce ortiche (il cui significato, peraltro, può essere ribaltato: date le buone qualità di questo vegetale, lasciare qualche campo incolto a ortiche può essere un modo per avere un buon prodotto senza faticare troppo…)

E ancora:

Anche le ortiche del giardino reale pungono.

Gettare la tonaca (o altro) alle ortiche.

Nel campo lavorato non crescono le ortiche.

Chi semina grano non raccoglie ortiche.

Certe chiacchiere tra amiche sembran rose e sono ortiche.

Ma non si tratta solo dei proverbi.

Già nell’Antico Testamento leggiamo:

Presso il campo del pigro sono passato, presso la vigna di un uomo fannullone. Ecco: dovunque crescevano le ortiche, le spine coprivano il suolo e la siepe era crollata. Io guardai e riflettei dentro di me, osservai e ricavai una lezione: un poco dormire, un poco appisolarsi, un poco incrociar le mani per sdraiarsi, e come un giramondo viene tra la miseria, la tua indigenza come un uomo armato.

(Proverbi di Salomone)

In letteratura, chi non ricorda la protagonista de “I cigni selvatici” di Andersen?

Lisa raccoglie ortiche tra le tombe del cimitero e per questo motivo viene accusata di stregoneria e condannata al rogo. Ma quelle ortiche, additate come uno strumento di magia nera, servono per tessere le camicie che trasformeranno i fratelli-cigni di Lisa in principi: il loro compito è quello di rompere un maleficio, non di scatenarlo.

E per quanto riguarda i ricettari?

Nelle pubblicazioni di cucina più recenti si sta assistendo ad un ritorno di questo alimento, nelle preparazioni più diverse (minestre, risotti, sformati, ripieni per carni e pesci, frittate… l’elenco è lunghissimo). Questo revival è talvolta legato allo sdoganamento in chiave “povero-chic” di piatti ed alimenti snobbati per lunghi periodi. Ad ogni buon conto, analizzando le ricette più marcatamente locali, si capisce come questa pianta abbia costituito una fonte di approvvigionamento apprezzabile, da sempre, in molte aree d’Italia e d’Europa. L’uso culinario di questa pianta è una finestra aperta sulla cultura popolare e sulla storia sociale.

Più difficile è rintracciare ricette a base di ortiche nei ricettari del passato.

Certamente non erano considerate un cibo degno di essere esaltato, perché sinonimo di fame e povertà: un alimento del cui consumo non si poteva andare fieri (in ogni caso, i ricettari venivano scritti per categorie di persone diverse da quelle che inserivano le ortiche nella propria dieta). Nelle opere più importanti, da quelle dell’epoca rinascimentale fino a quelle “borghesi” pubblicate tra fine Ottocento e primi Novecento, le erbe verdi sono rappresentate da spinaci e biete.

Perché, dunque, cucinare con le ortiche? Oltre alla valenza culturale di questo atto, vi sono due motivi (ugualmente notevoli), cui si è già accennato: fanno bene e sono buone.

Le ortiche sono depuranti, contengono vitamina C e ferro, caratteristica che le rende sostituibili agli spinaci, oltre che per il loro sapore, anche per le loro qualità nutritive: sappiamo infatti che il ferro, per essere assorbito, deve essere associato alla vitamina C, e questo avviene più facilmente se gli alimenti contengono già entrambi i nutrienti. Bisogna però ricordare che la vitamina C, essendo termolabile, si deteriora facilmente con la cottura (e le ortiche difficilmente si consumano crude, anche se esistono modi per farlo senza urticarsi la bocca), quindi è preferibile non cuocere le ortiche in acqua ma scottarle velocemente in tegame coperto per qualche minuto, eventualmente con l’aggiunta di poco olio: considerato che si utilizzano soltanto le cime delle piante, queste richiedono tempi di cottura molto brevi. In alternativa, si possono cuocere a vapore, sempre per pochi minuti.

In ogni caso, anche nelle ricette che richiedono la cottura in acqua (zuppe e minestre), è bene aggiungerle poco prima (cinque minuti sono sufficienti) di spegnere il fuoco.

Rispetto ad altre erbe spontanee, l’ortica presenta inoltre il vantaggio di essere, in quanto pianta perenne, sempre disponibile, anche se i periodi migliori per raccoglierla sono la primavera e l’autunno, quando i piccoli getti sono più teneri (in primavera perché le piante “rinascono” dopo le gelate invernali, in autunno perché abbiamo la ricrescita dopo gli sfalci estivi).

E mi riallaccio all’ennesimo proverbio spregiativo, le ortiche non fan buona salsa, per proporvi proprio una deliziosa SALSA DI ORTICHE.

Lavare 200 gr di cimette d’ortica e farle appassire (coperte) per 5 minuti in una padella con una noce di burro. Unire 200 ml di panna acida, far sobbollire per qualche altro minuto e passare al mixer fino ad ottenere una purea. Diluire con brodo vegetale, dosandolo lentamente fino al raggiungimento della consistenza desiderata. Amalgamare un cucchiaio di erba cipollina tritata, salare e pepare.

Trasferire in una salsiera e portare in tavola.

Ottima sulle carni al sangue (tagliata, roast beef) e sulle verdure lessate.

Letture consigliate:

Ingrid Pfendtner, Curare in modo naturale con l’ortica, Macro Edizioni, 2004

Eve Landis, Hildegard von Bingen. Ricette per il corpo e per l’anima, Guido Tommasi Editore, 2000

di Elisabetta Tiveron.

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