La peonia

I fiori della peonia sono appariscenti nelle loro varietà cromatiche dal bianco al rosa al carminio al porpora e svettano tra le ampie e rigogliose foglie picciolate.

Anche per questo fiore, molto conosciuto fin dall’antichità per i suoi effetti benefici, ci sono origini mitiche. Il suo nome viene messo in rapporto a Peone, medico degli dei e figlio di Asclepio, il dio della medicina, come ci attestano Euripide, Ovidio e Plinio il Vecchio. Due sono le storie a questo proposito. Secondo un mito, quando Ade venne ferito da Eracle, sceso negli inferi per catturare Cerbero, chiamò Peone per essere curato. Questi lo guarì così bene, nonostante la gravità delle ferite, che suscitò in Asclepio una tale invidia da far nascere timori per la sua vita. Allora Ade pensò di salvarlo tramutandolo nel bellissimo fiore che da lui prese il nome di peonia. Secondo un’altra variante, Peone avrebbe fatto bere a Latona, in preda alle doglie del parto per far nascere Apollo e Artemide, il succo di un fiore ancora senza nome che cresceva in abbondanza sulle pendici dell’Olimpo. Latona superò così facilmente il travaglio e diede felicemente alla luce i suoi bellissimi gemelli: per riconoscenza diede al fiore il nome dell’abile medico.

In verità i fiori hanno proprietà antidolorifiche, mentre le radici secche della peonia lactiflora riducono la pressione sanguigna e calmano le infiammazioni.

Fiore molto diffuso ed apprezzato anche in Oriente, dove i giardinieri cinesi con lunghe ed accurate selezioni hanno ottenuto numerosissime varietà, è stato celebrato nella letteratura cinese e giapponese, nonché in quella europea.

Leggiamo un haiku dedicato al fiore di botan, la peonia in cinese, del poeta Ogiwara Seisensui (1884 – 1976), tutto giocato sulle allitterazioni e le assonanze:

Peonia,

petalo a petalo

palpiti,

ti apri,

ti ricomponi

A cantare la peonia in tempi recenti nella nostra poesia è stato Corrado Govoni che le ha dedicato uno dei suoi Fiori che amo, esaltandone l’opulenza dionisiaca:

Peonie, rose esagerate, rose

dionisiache, rose in guardinfanti,

rose superbe simili ad infanti

che si specchiano in differenti pose.

Odalische che ignude e voluttuose

prendono il bagno, tra gli specchi astanti

uguali a grandi eunuchi non curanti,

nei vasi di maioliche preziose.

Rose incinte di rosso (oh ombelicato

ventre d’estasi). Il loro lieve odore

dà come il sentimento di frescure

d’un languido crepuscolo rosato

dopo la pioggia, quando canta un gallo,

o d’un placido specchio di cristalli.

IN CUCINA

In cucina si possono usare i petali dei fiori ben sbocciati, che hanno sapori diversi a seconda dei colori: la peonia lutea e la lactiflora tendono al pepato, mentre le altre sono più dolci e delicate. I petali si possono aggiungere ad un’insalata di polpa di avocado o accompagnare a pesci lessi o alla griglia poco sapidi, ma l’uso migliore è senz’altro quello di servirli in tenpura.

La tenpura è una modalità di cottura tipica della cucina giapponese. Tradizionalmente si fa risalire al secolo XVI, con i primi contatti tra i giapponesi e i marinai portoghesi , oltre che con i missionari cristiani. All’inizio di ogni stagione, i cristiani si astenevano dal cibarsi di carne per tre giorni (mercoledì, venerdì e sabato), mangiavano solo piccole porzioni di verdure e pesce fritti, quando interrompevano le preghiere a cui si dedicavano intensamente. Questi quattro periodi erano chiamati in latino tempora. Da qui il nome tenpura che i giapponesi utilizzano ancora oggi per questo piatto.

Petali di peonia in tenpura

Per ottenere un ottimo risultato, mescolare 200 g di farina bianca “00” con 100 ml di acqua minerale molto frizzante e un pizzico di sale. Mettere il composto in frigorifero e attendere che sia ben freddo. Pulire e separare i petali di una peonia, passarli velocemente nella pastella e friggerli in abbondante olio di semi di arachide bollente, pochi per volta in una padella dai bordi alti. Scolarli e asciugarli su carta assorbente da cucina.

di Rosa Elisa Gangioia

foto di mari27454

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