Cosa si può imparare dallo stile genitoriale Montessori

Altri consigli di Simone Davies, autrice del libro Il bambino piccolo Montessori,
dal blog The Montessori Notebook.


Oggi vorrei condividere con voi una storia. Una storia che non racconto da un po’ di tempo. È la storia di come sono entrata in contatto con il mondo Montessori e di come questo abbia completamente cambiato il mio modo di essere genitore.
E sono curiosa di sapere se avete notato questi cambiamenti anche voi. O se è qualcosa su cui state lavorando.

La mia introduzione a Montessori

15 anni fa, io e mio marito eravamo in ansiosa ricerca di un asilo per nostro figlio. Mentre vivevo a Londra, avevo sentito parlare delle scuole Montessori, quindi ero curiosa di partecipare all’open day.

Nell’entrare, sono rimasta colpita da quanto tutto fosse bellissimo: ogni dettaglio era organizzato con cura e attenzione e materiali di ogni sorta erano a disposizione dei bambini. Se perfino io sentivo la voglia di toccare e giocare, di sicuro era allettante anche per un bambino.

Poco tempo dopo, ho partecipato con mio figlio alla mia prima lezione Montessori genitore-bambino, gestita da Ferne van Zyl. Ho subito notato che potevo dargli molta più indipendenza. Ho iniziato a vedere quanto fosse capace. Ha iniziato a bere da piccoli bicchieri (sì, veri bicchieri), ed entro un paio di settimane aveva imparato dove mettere le sue scarpe ed era contento di mettere sulle spalle il suo zainetto per andare in classe.

Da quello che avevo letto su Montessori e sul dare indipendenza ai bambini, fu una piacevole ma non sorprendente scoperta.

Altre cose sono state invece una sorpresa e spero che anche per voi lo siano…

1. Guidare il bambino

Seguire il ritmo del bambino

Ho iniziato a notare quanto controllo tutto durante il giorno, ho una tendenza naturale nel farlo, nel pianificare la giornata.
E se invece rinunciassimo al controllo, anche solo per un paio d’ore mentre giochiamo a casa, per vedere cosa interessa al bambino?
Ancora mi meraviglia vedere quanto tempo i miei figli possano dedicare a qualcosa che gli interessa. Entrambi sono appassionati di puzzle e li farebbero in continuazione. Io mi sono stufata molto prima di loro, ma continuo a chiedere: «Volete farlo un’altra volta?».
Quando mia figlia andava all’asilo, si fissava su qualcosa finché non la imparava. Per tre mesi ha lavorato su tutti i progetti di cucito disponibili, finché non è riuscita a cucire un’immagine e rattoppare piccoli cuscini. Una volta imparato si è interessata a un’altra cosa. Sempre al suo passo e sempre facendomi sentire un po’ a disagio perché sembrava non andare avanti. Ma alla fine ci è riuscita.

Imporre dei limiti sicuri

Devo essere onesta. Questa parte è difficile. Voglio che i miei figli siano felici. Voglio dare loro ciò che vogliono. Voglio essere sempre paziente.
Il problema è che davo e davo e poi – zac – perdevo la pazienza perché avevo dato troppo.
Non ricordo le esatte parole (e nemmeno l’autore), ma quando ho sentito questa frase, tutto ha avuto più senso:

«Il ruolo di un genitore non è rendere il figlio felice. È aiutarlo ad affrontare tutto quello che la vita gli lancerà contro: gioia, dolore e rabbia».

Tutto sta nell’essere presenti, nell’imporre limiti per tenere il bambino al sicuro, nell’essere chiari sui nostri valori e nell’imporli sempre con amore. «Non puoi colpirmi. La mia sicurezza è importante per me» «Bisogna essere gentili con il fratellino» «Si mangia seduti a tavola. Hai già finito?».
Per me è chiaro. Per i bambini è chiaro. E non devo più esplodere perché so quali siano i limiti. I bambini non li dimenticheranno, ma è bene ricordarglieli perché sono creature impulsive. Come dico sempre, so che dovrei mangiare sano, ma senza accorgermene finisco con la mano nella scatola dei biscotti. Gli impulsi sono forti e a volte mi piacerebbe avere qualcuno che mi ricordasse le regole quando serve!

2. Scoprire insieme

Questa è la parte divertente, che crea persone curiose. Non bisogna dare loro le risposte, ma spronarli a cercarle e scoprirle insieme.

Imparare toccando

In quest’epoca digitale, non c’è mai stato un momento migliore per tornare a imparare toccando con mano. Abbiamo a portata di dita tutte le informazioni che ci servono, quindi l’apprendimento e la memorizzazione meccanica non servono a molto nell’istruzione.
Qual è il modo migliore di imparare? Guardando una lavagna? O toccando ed esplorando? La dottoressa Montessori diceva che la mano è l’intelletto. C’è un collegamento diretto tra mano e cervello. E non credo che in questi anni sia cambiato qualcosa.

Guardare i miei bambini esplorare la natura e giocare con i materiali a casa e con gli amici è stato magnifico.
Invece che fornire subito la risposta, quando mi ricordo, mi piace spingerli a trovarla da soli. Questa abilità di risolvere i problemi in maniera creativa gli servirà moltissimo. Cerco di farli esercitare ogni giorno.

Includerli nella vita quotidiana

Quando ho capito che non c’era bisogno di intrattenerli per tutto il giorno, ho iniziato a rilassarmi e a godermi di più le nostre giornate insieme.
Anche se ci voleva più tempo, mi divertiva fare le faccende di casa con i bambini. A volte mi aiutavano a cucinare, altre mi aiutavano a stendere il bucato, altre ancora mi aiutavano ad apparecchiare.
Non li ho mai costretti, semplicemente li invitavo ad aiutarmi.
Non solo svolgevamo diversi compiti, ma passavamo del tempo prezioso a chiacchierare insieme di niente in particolare. Se vogliamo entrare in tecnicismi, è forse ciò che alcuni esperti chiamerebbero “connettersi”. Qualunque nome vogliate dargli, è una sensazione stupenda.
Inoltre, mette le basi per la cultura dell’aiutarsi a vicenda. Se un ospite deve fermarsi a dormire, si può lavorare insieme per preparargli il letto; se qualcuno è in ritardo, si può aiutarlo per fare più in fretta.
Ancora oggi adoro questi momenti.

3. Accettarli per quello che sono

Se siete mai stati in una relazione in cui avete pensato: «è perfetto, se solo la smettesse di fare ecc», sono certa che è rarissimo che l’altra persona sia cambiata – l’unica cosa che si può fare è cambiare la propria reazione.
La stessa cosa vale per i bambini.
Nei momenti difficili, quando hanno una crisi, dirgli di «non piangere, non è niente» spesso li fa gridare ancora più forte. Riconoscendo invece le loro emozioni senza respingerle, inizialmente continuano nella loro rabbia, ma poi si sentono ascoltati.
Vi siete mai svegliati già di cattivo umore? A me è successo giusto due settimane fa. Ho detto a un’amica: «Non dovrei sentirmi così, ho tante cose di cui essere grata». Lei mi ha saggiamente risposto di assecondare questa emozione. Ha riconosciuto la mia emozione. Mi sono presa una fetta di torta, ho detto alla mia famiglia che non era colpa loro ma che semplicemente ero di cattivo umore, e quando mi sono svegliata il giorno dopo, era tutto passato. È esattamente uguale a riconoscere e accettare quelle brutte emozioni dei bambini. Poi passano.
E una volta che si sono calmati, li aiuto a rimediare se necessario.
Non è la soluzione più semplice; è una scelta a lungo termine; una scelta che ripagherà quando i miei figli verranno da me sapendo di essere al sicuro e di poter contare su di me in qualunque situazione.

La fine dell’espressione “ottimo lavoro”

I maestri Montessori prendono nota dello sforzo. Incoraggiano i bambini. Ma non usano spesso validazioni soggettive come “ottimo lavoro” o “bravo bambino”. Non impiegano le lodi come strumento per far comportare bene i bambini. Cercano invece di indirizzarli verso l’auto disciplina, verso il fare cose perché è bello aiutare, verso il capire la differenza tra giusto e sbagliato.
Vorrei dire anche che ho imparato a festeggiare con moderazione. Sono emozionata per i bambini quando riescono a fare qualcosa per cui hanno lavorato tanto. Ma voglio che prima di tutto siano loro ad essere orgogliosi. Me ne sto felicemente in disparte a supportarli.

Il mio modo di fare il genitore è cambiato molto da quando ho iniziato ad applicare i princìpi Montessori a casa.

I miei figli sono le persone con cui preferisco passare del tempo, anche nei giorni così così.
E ora sono curiosa. Avete realizzato le stesse cose che ho realizzato io e avete cambiato stile genitoriale?


Leggi l’articolo originale: What you can learn from parenting Montessori-style

Traduzione di Arianna Rossignoli

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